STORIA 1
La stanza è fredda,
l’inverno è ormai arrivato definitivamente. Alzo il termo, accendo il vecchio
computer che tengo in camera, doppio click sull’icona di Word ed eccomi qui,
davanti alla classica schermata bianca, a dover buttare giù almeno quattro
paginette. Sono uno scrittore di fan-faction, pubblico su MarvelIT.
Certe volte le parole
escono spontanee, senza fatica, scorrono sulla tastiera e in poco tempo hai la
storia già bell’e fatta, probabilmente perchè il tuo inconscio se l’era già
immaginata così e la tua mente non deve fare altro che tirare fuori ciò a cui
hai già pensato senza rendertene conto. Altre volte però la musica cambia.
Altre volte hai delineato bene la trama su un foglio a parte, sai cosa deve
succedere in quella storia, ma non riesci minimamente a scrivere. Ci provi,
butti giù qualche parola, fino a completare tre o quattro righe. Poi un senso
di disprezzo ti pervade, le vai a rileggere e ti dici “ma le ho scritte proprio
io?”. A volte ti sembra di scrivere peggio di Byrne sull’Uomo Ragno.
Allora cancelli tutto e ti
fermi. Fissi lo schermo e il prompt intermittente. Ti metti le mani nei
capelli, strabuzzi gli occhi e inizia a concentrarti.
Quel giorno iniziò tutto
così. Dovevo scrivere la prima storia di una nuova serie. Mi fermai in quella
posa per vari minuti. Non riuscivo a trovare il modo per iniziare la storia.
Ero talmente concentrato che mi dimenticai di pranzare; la bava ormai mi scendeva dalla bocca e mi si riversava su
tutto il corpo senza che mi accorgessi di nulla. La scena era raccapricciante.
Pensai, pensai per ore, e ad un certo punto sentii qualcosa dentro di me che
cambiava. Probabilmente non ero mai stato abituato a pensare così a lungo, a
restare concentrato su un foglio bianco per così tanto tempo. Mi sentii strano,
il caldo aumentava, la mia testa si stava surriscaldando. Sempre più caldo,
sempre più caldo. Il mio cervello stava andando in fiamme, cazzo. E non parlo
metaforicamente.
Mi trasformai. Presi
letteralmente fuoco e divenni…
di Ermanno "scrip" Ferretti
Inziai a ridacchiare senza
motivo tra me e me.
- Ah, ah, ah - dicevo,
agitando le catene che all’improvviso mi ero ritrovato in mano - è giunto il
momento che tutte le scalette innocenti vengano vendicate!
Scesi in garage, tirai
fuori una moto che mai avrei sospettato di avere e mi diressi verso gli states,
verso casa di John Byrne, il famoso autore di comics. Vista ora, a posteriori,
non so perchè lo facessi. Ma sentivo dentro di me che là era stato commesso
qualcosa di tremendo, che qualche trama era stata uccisa senza nessuna pietà.
Qualcuno avrebbe pagato per questo!
Presi l’autostrada fino
alle coste della Francia e poi la mia moto iniziò a volare sopra l’acqua
dell’oceano, e per fortuna che nel tragitto non ci sono gallerie, perchè con
tutto quel fuoco che mi usciva dalla testa e dalla moto avrei provocato
l’ennesima strage. Ci misi pochi minuti ad arrivare a casa di John. La mia moto
guidava ad una velocità pazzesca e già sapeva dove dirigersi. Con una manata
feci volar via la porta di casa e mi guardai intorno. I parenti di John mi
guardarono strabuzzando gli occhi.
- Dov’è lui? - chiesi.
- W-what? - fece una donna
che evidentemente non sapeva l’italiano, forse sua madre, forse sua sorella, forse
la sua morosa (mi pare sia divorziato), forse sua figlia, non so, è difficile
distinguere le facce quando si guarda da dietro alle fiamme, sapete, gli occhi
tendono un po’ a lacrimare per il calore. Comunque, mi girai, vidi una rampa di
scale e la salii. In mano brandivo ancora le mie catene e le scuotevo, come a
prepararle per il loro compito. Mentre stavo per sfondare la porta della camera
di John sentii delle voci al piano di sotto. “Ah, but he’s going to John’s
room. There’s nothing to fear! John has got the greatest weapon that a man can
use, he can speech endlessly about the Marvel continuity and kill anyone with
those complicated crossovers!”. Non
capisco una parola d’inglese, ma sapevo che non dovevo sottovalutare il mio
avversario, ma neppure lui avrebbe potuto sottrarsi alla mia vendetta. Sfondai
la porta urlando e lo vidi sdraiato sul letto, sepolto da una montagna di
fumetti. Alla prima non ci badai, gli urlai solo di muoversi, che lo Spirito
della Scaletta era lì e non aveva tempo da perdere. Poi, alla fine, me ne
accorsi.
- Oh, mio Dio - urlai - è
sepolto sotto tutti i fumetti di Liefeld!
Tentai di liberarlo e uno
dei primi X-Force si animò proprio mentre glielo stavo togliendo di dosso.
Tentava di entrare dentro di me, come un simbiota alieno. Gli scaricai contro
un’alitata di fuoco infernale, la mia arma segreta, e anche Liefeld fu
costretto alla ritirata. Quando riuscii a liberarlo sentii che respirava
ancora.
- Questa volta non ce
l’hai fatta, Rob! - urlai al vento. Ora tutto mi era più chiaro. Ora finalmente
capivo il perchè di tutte quelle belle scalette distrutte, tutte quelle trame
bruciate, tutti quei personaggi maltrattati! Trovai sulla scrivania le storie
che Byrne aveva appena scritto e doveva ancora mandare alla Marvel. Prima di bruciarle
con la mia micidiale alitata feci solo in tempo a scorgerci un “John Byrne:
Chapter One”, segno che anche le sue origini, evidentemente, le riteneva
passate di moda. Avrei dovuto guardarlo negli occhi e fargli sentire il sapore
della vendetta, ma per questa volta lo graziai. Presi la moto e me ne andai,
seguito dai “goodbye” dei familiari, e me ne tornai a casa. Un altro scrittore
salvato, un altro fumettista ritornato alla sua vita, liberato dal fardello dei
cattivi scrittori. Perché questo è il compito di Ghost Writer, lo Spirito della
Scaletta. Ah ah ah!!!!
FINE
STORIA 2
Le stelle sono la mia
dimensione, l'Universo è la mia casa, i buchi neri la mia fossa biologica e il
vuoto la mia personale diretta del "Grande Fratello". Io sono
di Ermanno "scrip" Ferretti
Stavo passando, come al
mio solito, qualche ora di sonno galleggiando nello spazio profondo, quando da
lontano una strana luce iniziò a disturbare il mio sonno. All'inizio era più
che altro un bagliore, ma man mano che passava il tempo si avvicinava e
s'ingrandiva, fino ad assumere delle forme quasi umane. Arrivava cavalcando una
tavola da surf. Per un attimo mi guardai attorno, sperando di vedere anche le
bagnine di Baywatch, ma mi accorsi presto di non essere più in California. A
farmelo capire fu il fatto che non avevo il costume da bagno.
Il surfista mi si
avvicinò, con un fare regale.
- Chi sei, straniero? - mi
chiese.
- Sono Space Zotik, e il
mondo trema davanti a me!
- Trema? - disse
guardandomi con una punta di disgusto.
- Sì, posso emettere delle
scoregge sismiche... non so se hai presente la faglia di S. Andreas... l'ho
creata io...
Lo so, non è educato
vantarsi dei propri meriti, ma d'altronde mi chiamano Zotik non a caso.
- E tu chi sei? - ripresi.
- Io sono Bronze Surfer,
l'araldo!
- Ah, e... come mai questo
nome?
- Alle gare di surf giù a
Santa Monica arrivavo sempre terzo.
- Ah, sei di Santa Monica?
- Sì.
- Ma dai, io sono di S.
Francisco.
- Ma guarda, a volte...
- Eh beh...
- L'universo è piccolo...
Questo dialogo classico
tra due compaesani venne interrotto da un rumore proveniente da lontanissimo.
Ora vi chiederete, come facevamo a sentire i rumori nello spazio, dove c'è il
vuoto? Bella domanda... Diciamola così: io, Surfer e tanti altri siamo delle
entità spaziali particolari e siamo così forti, ma così forti che quando
parliamo emettiamo una così forte corrente d'aria da annullare momentaneamente
il vuoto tra noi e l'ascoltatore e far giungere così le onde sonore. Bella
spiegazione, vero? Per me poi il discorso è ancora più lineare: io
semplicemente mentre parlo emetto degli strani gas che divengono conduttori di
suoni per tutta la Galassia, aumentando anche, in questo caso ingiustamente, la
mia fama di zotico spaziale. Ora, questo rumore che sentivamo era proprio forte
e quindi si trattava di qualcosa di grosso (o con un alito veramente pesante!).
Lo vedemmo spuntare da
dietro Giove, ancora piccolo in lontananza e poi avvicinarsi e aumentare
notevolmente di dimensioni. Mi si presentò così.
- Salve straniero, sono
Galactinus, il divoratore di mondi e di galatine!
- Ciao - gli feci,
provocando un certo disappunto in Bronze Surfer, che evidentemente esigeva più
reverenza.
- Galactinus, questo è
Space Zotik, un mio conterraneo di quando vivevo sulla Terra. Zotik, questo è
Galactinus.
- Piacere.
- Sai - riprese Surfer -
io sono il suo Araldo... in pratica vado in giro a trovargli da mangiare.
Conversammo amichevolmente
per un po'. Poi Galactinus si rivolse al suo surfista.
- Che languorino! - fece.
- Cosa vuoi, mio signore?
Una galassia, la via lattea, un sole?
- Mah, la mia non è
proprio fame, è più... voglia di qualcosa di buono!
Io e Surfer, entrambi di
origini terrestri, ci guardammo negli occhi. Nessuno sospettava che la Ferrero
copiasse i suoi slogan.
- Mi piacerebbe quel
pianetuncolo lì, giusto per togliermi lo sfizio.
- No! - urlò Bronze -
quello è la Terra, il mio pianeta d'origine!
- Pure il mio - feci io.
- Beh, e allora? Cos'ha di
talmente speciale?
- Ha il surf! - fece
Bronze.
- Capirai.
Ci provai io: - Ha
Baywatch!!!
- Baywatch?
Mettemmo su una
videocassetta sul videoregistratore che portavo sempre con me nella mia
navicella spaziale parcheggiata in doppia fila dietro Saturno e ci guardammo
qualche episodio della fortunata serie TV.
- Sì, beh, niente male -
fece Galactinus - ma tanto si sa che Pamela Anderson è tutta rifatta!
Dannazione, certe notizie
correvano più veloci di quanto uno s'immaginava. Ormai sembrava proprio che non
ci fosse più niente da fare, avevamo giocato la nostra ultima carta.
- Adesso me lo pappo -
disse - e si avvicinò pericolosamente al pianeta.
Stavo già per dire il mio
addio al mio paese natale, quando Bronze Surfer intervenne.
- Fermo, Galactinus! -
urlò - Ti impedirò di mangiarti quest'ennesimo pianeta, brutto ciccione
brufoloso!
Era infatti risaputo che i
pianeti sono un po' come la Nutella in fatto di brufoli, con la sola variante
che non li potevi spalmare sulle fette biscottate.
- Come osi? Tu sei il mio
Araldo, devi starmi sottomesso!
- No, Galactinus, io voglio
essere libero, decidere da solo cosa è giusto e cosa è sbagliato, e so che
questo è sbagliato!
- Ah, è così dunque?
Allora è giunto il momento per te di ASSAGGIARE IL POTERE DI GALACTINUS!
Detto questo tirò fuori
dalla propria tasca una montagna di galatine e le infilò nella bocca spalancata
di Bronze Surfer. Lo spettacolo era orripilante.
- Ti ci vorranno almeno
tre secoli - disse Galactinus - solo per ammorbidirle con la saliva!
Si rigirò verso la Terra e
se la inghiottì, mandandola giù senza neanche masticare. Poi si girò verso di
me.
- Ma trovi davvero che sia
tutto ciccia e brufoli?
- No, sei un figurino -
gli dissi. Non volevo certo fare la fine di Surfer.
FINE
p.s.: ah, se vi chiedete
come ha fatto Galactinus a mangiarsi la Terra quando voi ci vivete e, se state
leggendo, evidentemente non siete morti, la spiegazione è semplice. Pochi
giorni dopo il grave misfatto giunse nei pressi del luogo dove stava la Terra
uno scrittore di fumetti che era stato in vacanza in giro per lo spazio, giusto
per documentarsi un po'. Mi chiese dov'era finito il suo pianeta e in breve
glielo spiegai. Disse: - No, no, che storia è questa? Qua non si fa niente se
non è d'accordo prima l'editor in chief. Qualcuno mi chiami Joe Quesada!
- Ma Quesada è morto! -
gli dissi.
- Ma va là, non diciamo
sciocchezze.
- Se l'è mangiato
Galactinus!
- Sul serio?
- Sì.
- Cavolo, qui le cose si
fanno serie. E adesso come faccio?
- Bof - feci io, ormai non
troppo interessato a quelle vicende.
- Ma certo - urlò lui dopo
qualche secondo di riflessione - come ho fatto a non pensarci prima! Potrei
scrivere un "Terra: Chapter One" in cui riscrivo la storia ma cambio
un particolare e ricreare così il mio pianeta!
- Terra: Chapter One?
- Sì... andrà tutto come
mi hai raccontato tu, ma alla fine ci sarà un grosso colpo di scena!
- Quale? - mi stavo
incuriosendo.
- Te lo dico in anteprima,
è uno spoiler, ma tu non dirlo a nessuno.
- Ok...
- Galactinus... in
realtà... non è morto ma è tutta una macchinazione di Goblin.
- Cosa?
- No, hai ragione, non
rende... eccone un altro: Galactinus... in realtà... è vegetariano!
- ...
- Che colpo di scena
ragazzi! Wow! Era dai tempi dei Fantastici Quattro che non me ne veniva uno
così bene... Wow!
(QUESTA E' VERAMENTE LA)
FINE
Note: parte il progetto What The?! con due raccontini brevi:
una parodia delle avventure cosmiche e una di Ghost Rider, ma il punto comune
mi sembra la presa in giro di un determinato autore. Ci tengo a sottolineare
che non ce l’ho in maniera poi così viscerale col povero Giovannino (del quale
ho letto in passato storie veramente gradevoli), ma è anche facile prenderlo in
giro, quindi… Ok? Prima di chiudere, una nota di merito a Carlo Monni, che ha
vinto in chat il primo "scrip's quiz" riguardo all'identità del
suddetto autore (è difficile impedirgli di indovinare qualcosa sulla Marvel… sa
tutto!). Ciauzz
Nel prossimo numero: e chi
lo sa? Se qualcuno vuole scrivere una storia per questa testata mi scriva!